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Studio Varzi

Perché la maggior parte degli edifici sono sismicamente vulnerabili?

La maggior parte del patrimonio edilizio nazionale è costituito da edifici progettati e costruiti in tempi antecedenti la pubblicazione delle prime norme tecniche di progettazione con direttive di protezione sismica (Legge del 2 febbraio, 1974). Quindi la maggior parte di essi è stata progettata per “soli carichi verticali” e non tengono conto della pericolosità sismica del sito di costruzione; pertanto la valutazione della resistenza sismica e l’adeguamento di tali edifici risulta di fondamentale importanza per la mitigazione del rischio sismico. Tale valutazione richiede procedure significativamente diverse rispetto a quelle adottate per la progettazione di edifici nuovi, principalmente per le incertezze relative all’individuazione dell’organismo strutturale resistente, alla stima delle proprietà dei materiali in‐situ, all’identificazione dei dettagli costruttivi.

La figura riportata di seguito, elaborata da dati ISTAT del 2001, indica le percentuali di edifici costruiti su territorio nazionale per epoca di costruzione.

Il grafico evidenzia il “boom edilizio” della fine degli anni '60 e la rapida ed improvvisata urbanizzazione di quell'epoca, nella quale hanno trovato ampio spazio fenomeni di abusivismo edilizio. Dopo gli anni ’70, come si può osservare dallo stesso grafico, il rinnovo degli edifici e l’urbanizzazione si è arrestatato bruscamente; tuttavia, il continuo aumento del valore di mercato immobiliare soprattutto nelle grandi città italiane, ha rafforzato ancor di più nel nostro paese una cultura che tende a conservare gli edifici esistenti impedendone il continuo rinnovamento che diversamente è tipico delle altre società internazionali. Altro fattore di rischio è sicuramente correlato alla scarsa qualità delle costruzioni, da imputarsi al rapido accrescimento edilizio che si è avuto nel secondo dopoguerra, spesso non accompagnato da una pianificazione urbana mirata. Va considerato che nel 1951 il patrimonio edilizio era costituito da 10,7 milioni di abitazioni divenute 19,7 milioni nel 1991, mentre dal 1991 al 1998 si sono realizzati ulteriori 2 milioni di alloggi. Non da ultimo, va considerata l’influenza normativa sui principi progettuali e costruttivi adottati; la tardiva zonazione sismica di alcune aree ha comportato la presenza sul territorio di un’alta percentuale di costruzioni che non rispettano le attuali prescrizioni sismiche (circa il 60% del costruito è stato progettato e realizzato in assenza di specifiche normative antisismiche), dunque potenzialmente vulnerabili.

L’urgenza di affrontare la questione del rischio sismico in Italia attraverso un’azione sistematica di prevenzione strutturale, ossia attraverso il rafforzamento delle costruzioni esistenti, si propone non solo e drammaticamente dopo ogni terremoto distruttivo, ma anche dopo terremoti di non elevata magnitudo comunque in grado di produrre danni non trascurabili, evidenziando la notevole vulnerabilità delle costruzioni in Italia.

È noto infatti come l'elevata vulnerabilità del nostro patrimonio edilizio costituisca oggi la causa principale degli enormi costi che si devono affrontare dopo ogni evento calamitoso.

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